giovedì 28 gennaio 2016

Ricardo

Lo incontriamo a Bahia Caracoles insieme alla sua squadra di fedelissimi. È un personaggio, è piuttosto avanti con gli anni ma sfoggia una forma fisica perfetta. Bahia Caracoles non è un paese, tanto meno una baia, sono quattro case e un hostel con station de gasolina, un gommista meccanico e il giudice di pace, direi essenziale in questo contesto. Tuttavia è posto a un crocevia piuttosto importante dove passano molti curiosi della Patagonia e sopratutto molto motociclisti, data la sua posizione strategica sulla famosa ruta 40 e la sua vicinanza alla Cueva de Los Manos.

Obbligati a rimanere mezza giornata per una riparazione trascorriamo la mattinata seduti al bar come i vitelloni tra caschi e borsoni. Arriva di tutto e con tutti è saluto, dialogo e cordialità, la strada è la strada, accomuna tutti quando si va, è come il mare, ci si riconosce, siamo finalmente un po' tutti uguali. Gli Argentini poi sono curiosi, aperti e affabili, le tre motociclette uguali li intrigano, sentono odore di avventura e quando ci sentono parlare in Italiano diventano matti, tutti hanno un parente o un amico in Italia.

Quando entra Ricardo e come se una scossa elettrica attraversi la stanza: i locali lo conoscono tutti, il patron esce dal banco con la sua notevole stazza per andarlo a salutare, la chica del bar che non ha dato confidenza a nessuno lo abbraccia e lo bacia così come la prosperosa senora del ristorante. Ricardo saluta tutti, abbraccia tutti, poi si avvicina al nostro tavolo: "Siete italiani? Siete quelli dei Dominator?"

Rimaniamo di stucco, parla in perfetto italiano con una lieve inflessione spagnola. È piccolo di statura, la figura asciutta, scattante, vestito di pelle nera con una bandana rossa sulla testa . Chiacchieriamo, beviamo una birra, poi risale sulla sua moto e va, seguito da una grossa auto che non lo abbandona mai.

Dopo un po' riprendiamo la via anche noi diretti a sud. Lo incontriamo qualche centinaio di kilometri dopo, fermo su una piazzola della ruta 40 con i suoi fidi che non lo lasciano mai, non ha bisogno di nulla e ci fa cenno di proseguire.

A sera ci fermiamo per dormire a Gobernador Gregores e andiamo a cena in un ristorante consigliato dai gestori. Dopo pochi minuti ecco arrivare Ricardo e la sua banda, che prendono posto nel tavolo accanto al nostro. Risa chiacchiere e racconti, alla fine giriamo le sedie e stiamo tutti insieme. È lui racconta, racconta la sua vita senza che nessuno osi aprire bocca.

Ha 78 anni Ricardo e gira la Patagonia in moto da una vita anzi da quando è cominciata la sua seconda vita. È nato in Italia, Ricardo, in provincia di Reggio Emilia, e ha vissuto la' i primi quarant'anni della sua vita. Quando un incidente d'auto lo priva dei suoi affetti più cari, moglie e figlio, gli sembra di impazzire. Molla tutto, vende la sua impresa e parte con il primo aereo. Si ritrova a Buenos Aires senza più alcuna voglia di vivere, di lavorare, di ricominciare. Conosce tutta la città dalla parte dei bordelli e delle più infime osterie, poi si trasferisce a Mendoza e a Rosario per tornare a Buenos Aires vivendo nella sua perenne atmosfera etilica. Ridotto quasi a un barbone si avvia verso il sud. Arrivato a Benito Juarez, un paesino lungo la costa orientale, si siede nella piazza principale appoggiato al suo zaino e si addormenta completamente ubriaco. Lo sveglia un tizio che lo invita ad alzarsi, gli fa sciacquare la faccia, lo fa salire su una moto e lo porta a casa sua. Là lo accudisce lo nutre e alcuni giorni dopo lo introduce nel circolo di bikers di cui è presidente. Vive con loro per alcuni mesi e comincia a provare interesse per le moto. Se ne procura una, gira un po' con i suoi nuovi amici un po' da solo, si avventura fino alla Penisola di Valdes, la percorre in lungo e in largo tra guanachi elefanti e leoni marini e pinguini, conosce Matias, un ragazzo dolcissimo che lavora come sorvegliante, che lo ospita nella sua baracca dove rimane molti giorni tra cielo e mare.
Quel ragazzo bello e dolce, laureato in biologia e sposato con un figlio, che ha scelto di vivere da solo in quel paradiso naturale, che mantiene il suo equilibrio interiore vivendo tra cielo e mare lo fa riflettere.
E capisce.
Capisce che non può buttare la sua vita o quel che ne rimane in quel fiume d'alcool nel quale ha rischiato di annegare e riparte, sulla moto, senza più fermarsi. Fa molti chilometri Ricardo in quella terra riarsa e brulla ma piena di emozioni e incontra molta gente e da una mano a tutti quelli che ne hanno bisogno. È sempre pronto, Ricardo, a correre in aiuto di un amico, anche per ascoltarlo davanti a una birra. E va, trascorre la sua vita sulle strade della Paragonia, e la strada è diventata la sua vita.
La sua nuova vita.

Dino

3 commenti:

  1. Caro Dino il tuo post mi hai emozionato.....

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  2. E quelli in macchina che lo seguono... chi sono?
    Urgono altre informazioni Dino. E magari una foto del personaggio.
    Buona strada!

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  3. Ciao Dino la storia di Ricardo è veramente emozionante e dà speranza a tutti: si può rinascere anche se sei colpito da disgrazie pesantissime come la sua...e poi: ma quanto scrivi bene!

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