La routa 3 è il cuore pulsante dell'Argentina, rappresenta la continuità della Nazione, la forza che unisce il nord popoloso con il sud desertico. È' la grande arteria che collega Buenos Aires a Ushuaia, nella quale scorre ininterrottamente il sangue rappresentato dai tir e dai camion che la percorrono incessantemente nelle due direzioni. Non è una strada molto larga, la carreggiata ospita una corsia per ogni senso di marcia e a percorrerla in motocicletta si impara presto a riconoscere il sapore del vento,
È' un nastro d'asfalto con rettilinei infiniti tra due ali di pampa sconfinata, l'orizzonte a volte sembra quasi venirti addosso, circondarti da vicino.
Il vento soffia incessante da est a volte con forti raffiche che impattano sulla moto carica di bagaglio e con le borse laterali come su una vela, spingendola con violenza verso il bordo della strada costringendoti a viaggiare con la moto inclinata, quasi in una bolina infinita. Viaggiamo alla velocità di crociera tra i 90 e i 100 km/h che ci consentono le nostre Dominator 650, le arzille vecchiette scelte per questo viaggio che raramente si fanno superare da altri mezzi ma che vanno spedite in direzione sud. Impariamo presto cosa vuol dire incociate un tir con il vento al traverso: è come uno schiaffo sferrato da una grande mano aperta che quasi ti solleva da terra e che si insinua sotto il casco scagliandoti la testa all'indietro, come se il Dio del Vento volesse punire la tua intenzione di violare il cuore della Patagonia. La routa 3 corre infinita parallels all'Oceano, ma il mare non si vede mai; è strano, l'Argentina è un Paese dalle coste infinite ma la presenza del mare non si avverte, come se gli immensi spazi abbiano completamente assorbito l'attenzione dell'uomo facendogli dimenticare e misconoscere la presenza di un elemento così importante, così vitale.
Le nostre moto si lanciano sulla routa 3 con la violenza e la fame che i tre giorni di prigionia a Buenos Aires, ostaggi della dogana Argentina, hanno provocato e vanno divorando l'asfalto, quasi mille km in due giorni, la terza sera dopo una tappa di oltre 600 km, dormiamo a Puerto Madryn, la Porta per la Penisola di Valdes, dove ci attende il nostro primo Ripio.
È' un nastro d'asfalto con rettilinei infiniti tra due ali di pampa sconfinata, l'orizzonte a volte sembra quasi venirti addosso, circondarti da vicino.
Il vento soffia incessante da est a volte con forti raffiche che impattano sulla moto carica di bagaglio e con le borse laterali come su una vela, spingendola con violenza verso il bordo della strada costringendoti a viaggiare con la moto inclinata, quasi in una bolina infinita. Viaggiamo alla velocità di crociera tra i 90 e i 100 km/h che ci consentono le nostre Dominator 650, le arzille vecchiette scelte per questo viaggio che raramente si fanno superare da altri mezzi ma che vanno spedite in direzione sud. Impariamo presto cosa vuol dire incociate un tir con il vento al traverso: è come uno schiaffo sferrato da una grande mano aperta che quasi ti solleva da terra e che si insinua sotto il casco scagliandoti la testa all'indietro, come se il Dio del Vento volesse punire la tua intenzione di violare il cuore della Patagonia. La routa 3 corre infinita parallels all'Oceano, ma il mare non si vede mai; è strano, l'Argentina è un Paese dalle coste infinite ma la presenza del mare non si avverte, come se gli immensi spazi abbiano completamente assorbito l'attenzione dell'uomo facendogli dimenticare e misconoscere la presenza di un elemento così importante, così vitale.
Le nostre moto si lanciano sulla routa 3 con la violenza e la fame che i tre giorni di prigionia a Buenos Aires, ostaggi della dogana Argentina, hanno provocato e vanno divorando l'asfalto, quasi mille km in due giorni, la terza sera dopo una tappa di oltre 600 km, dormiamo a Puerto Madryn, la Porta per la Penisola di Valdes, dove ci attende il nostro primo Ripio.
Dino
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