Sono risalito in sella ed è già una bella sensazione.
La mia Dominaror Azulejo come la chiamano qui, mi sembra un giocattolo rispetto alla Bmw 1150 R che guido abitualmente a Roma. Non è molto comoda per salire e scendere di sella, è piuttosto alta e non consente appoggi sicuri si entrambi i piedi. In compenso è leggera alla guida e maneggevole. La coppia bassa consente una guida agevole e le basse velocità di crociera (110 km/h max) non destano particolari preoccupazioni nelle curve. Il problema sono più io, non mi sento eccessivamente sicuro, temo le vibrazioni e gli eccessivi sforzi sulla spalla, temo le cadute che per me potrebbero risultare rovinose, temo sopratutto il ripio e I repentini cambiamenti di situazione ai quali bisogna adattarsi tempo reale.
Comunque partiamo da Salta su asfalto, ho indossato il tutore clavicolare che non mi protegge, come mi hanno detto i colleghi, ma che mi ricorda di tenere le spalle larghe e la schiena dritta. La giornata scorre tranquilla, percorriamo la 9 finora Huamacacha, dove ci fermiamo a dormire. All'indomani mattina a colazione, la sorpresa: ci sono Myriam e i genitori, quelli incontrarti sul Tren a la nubes che mi hanno offerto le mie prime foglie di coca. Saluti, baci e abbracci e si parte per La Quica, frontiera boliviana. La strada e buona tranne pochi km di ripio che mi consentono di testare la mia performance. Non va male, guido un po' più lento dei miei companeros che dimostrano la massima comprensione nei miei confronti aspettandomi quando mi attardo. Va bene anche la tappa successiva fino a Tupiza, dove il ripio mi consente di studiare la mia compliance con la moto. Assumo una posizione con schiena iperestesa, spalle e braccia larghe: ricordo un bulletto con la la vespetta negli anni 60, ma in questo momento l'estetica è l'ultimo dei miei problemi. Tengo saldamente il manubrio con la destra, che non si distacca mai dalla manopola del gas, per regolare la velocità, mentre la sinistra , che è quella della clavicola rotta, è appena appoggiata cautamente con tre dita, soltanto per controbilanciare eventuali bruschi scarti dello sterzo, minimizzando le vibrazioni trasmesse alla spalla.
Per il resto metto a frutto l'esperienza degli anni precedenti giocando con la distribuzione dei pesi, esercitando pressione sui predellini e facendo lavorare cosce e gambe.
All'indomani partiamo da Tupiza diretti a Uyuni, è domenica è tutto chiuso non riusciamo a prendere neanche un caffè. Imboccchiamo la strada ma siamo costretti a tornare indietro dopo una ventina di chilometri di asfalto , abbiamo saltato un bivio. Riprendiamo la via insieme a 4 moteros brasiliani vestiti uguali su un ripio tosto e polveroso. Al primo bivio loro prendono a destra, noi non ci fidiamo, infatti dopo poco tornano e prendono l'altra direzione che noi avevamo identificato. Vanno avanti rapidi e noi li perdiamo di vista. Io me la cavo, ma rispetto ai miei standards vado più piano, tengo mediamente una marcia più bassa di quanto avrei fatto lo scorso anno, cerco di minimizzare lo sforzo sul braccio sinistro aiutando i movimenti con il destro, e con tutto il resto del corpo, piedi sulle pedane in primis, a volte alzandomi sui predellini. Al bivio successivo, ovviamente non segnalato, chiediamo lumi agli abitanti di un gruppo di case che ci indicano di andare a destra. Ci arrampichiamo sul versante di una collina con pendenze piuttosto ripide e un ripio assai polveroso e infido, spalmato su tornanti pieni di buche e sassi; io salgo molto lentamente, prima/seconda, non mi fido e la ma Dominator mi asseconda come meglio può. Scavalchiamo il passo con vedute mozzafiato, con gole artificiali tra rocce rosse e verdi scavate per centinaia di metri dalla mano dell'uomo come una profonda ferita nella terra, che si aprono su estese vallate in cui dominano il verde, il grigio, il giallo e il marrone sotto un cielo di un azzurro intenso con brani di nuvole strappate. Purtroppo non ho tempo per ammirare quello spettacolo mozzafiato sono molto concentrato sulla guida ma quegli scorci mi rimangono negli occhi. Improvvisamente spuntiamo sull'asfalto di una strada nuova di zecca, completamente deserta, che ci porterà fino alla città mineraria di Atocha e da lì, dopo una breve sosta, fino a Uyuni.
Dino
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