domenica 5 febbraio 2017

Jean


Siamo a cena in una estancia sperduta nel nulla su una afferente della ruta 40.
Ci hanno apparecchiato in casa, la famiglia si è ritirata siamo rimasti soli.
A un tratto entra un uomo della nostra età, altezza media, robusto, occhi chiari, baffi bianchi e capelli grigi, una giacca di panno e una sciarpa al collo. Ci saluta, si siede a tavola con noi, un bicchiere di vino e cominciamo a chiacchierare. Ha visto le moto e sa che siamo italiani: lui è francese, di Marsiglia e gira con un enorme camion attrezzato a camper. L'ha progettato lui stesso, è dimensionato per due persone anche se è enorme, con tutte le comodità, secondo i desideri di sua moglie.
Con  Michelle avevano deciso di girare il mondo: lui aveva una piccola impresa che realizzava impianti idraulici, lei lavorava come segretaria di un famoso chirurgo. Avevano due figli ormai grandi e, al momento della pensione, avevano realizzato il sogno di una vita: un mega camper con tutte le comodità per viaggiare sul lungo raggio. Erano stati in Mongolia, in Georgia, in Kazakistan dove avevano vissuto l'esperienza dei piccoli villaggi. Da quelle parti, ci racconta Jean con la sua voce bassa e roca, un ospite e' considerato un tesoro. Loro erano stati letteralmente rapiti da una delle famiglie ed erano stati adottati da tutto il villaggio dove erano rimasti per molto tempo aprendo il camion/camper a tutti, cucinando e offrendo cibo e ricevendo in cambio calore, amicizia, ospitalità. Tornati in Francia avevano invitato a Marsiglia la famiglia che li aveva adottati. Molti di loro non avevano mai visto il mare, così  li avevano portati in Costa Azzurra, a Cannes dove si aspettavano di vedere il tappeto di velluto rosso del Festival, mentre a Parigi avevano tirato fuori un pacco di banconote che erano state raccolte da tutte le famiglie del villaggio che avevano commissionato lo shopping nella capitale.
Ne parla con gioia e un velo di malinconia, si avverte che queste cose  fanno parte della sua vita, è una persona semplice, sincera e schietta,
Con Michelle avevano pianificato un lungo viaggio in Sud America. Da qualche tempo  aveva una tosse stizzosa che non andava via, alla quale nessuno degli specialisti che la seguivano aveva dato alcuna importanza, anche perché prima di partire lei si era sottoposta ai consueti controlli periodici: era affetta da un aneurisma dell'aorta toracica che non presentava ancora indicazioni chirurgiche. La tac era rassicurante, non appariva niente altro nonostante quella tosse stizzosa continua che non la faceva dormire.  Rassicurati dai pareri di diversi medici superspecialisti  si organizzarono e partirono insieme al loro camion attrezzato su un cargo della Grimaldi dove fecero un viaggio da sogno perché in mancanza di cabine ordinarie fu loro assegnato  l'alloggio dell'armatore, una cabina di lusso con tre oblò.
Sbarcarono a Buenos Aires e iniziarono la loro avventura diretti a nord verso Salta, il deserto di Atacama e gli altopiani  boliviani. Michelle sembrava felice ma era sempre molto stanca, disappetente e pallida, dormiva poco per quella maledetta tosse che non le dava tregua. Una notte a La Paz con la tosse comparve il sangue e Jean la portò al Pronto Soccorso: la ricoverarono e diagnosi fu impietosa, cancro del polmone con metastasi epatiche e cerebrali. Alla dimissione Jean ritornò verso sud, lascio' il camion a 100 km da Buenos Aires e organizzo'  il rientro in Francia in aereo. 
Michelle peggioro'  rapidamente e spiro' dopo poche settimane in ospedale, a Marsiglia. Nel frattempo gli spietati uffici della dogana avevano rilasciato un permesso di soggiorno del camion per otto mesi, alla scadenza del quale Jean fu quindi  costretto a tornare in Argentina. Lo accompagnò  suo figlio e insieme percorsero la Ruta 3 e la Ruta 40 fino a Ushuaia via Punta Arenas per ottenere un altro visto per il camion. In sette giorni arrivarono alla "fin do mundo " a completare simbolicamente il viaggio iniziato con Michelle. Il figlio torno' in Francia al suo lavoro e Jean rimase da solo con il suo camion, deciso a continuare a girare il mondo piuttosto che tornare a Marsiglia in quella casa piena di ricordi.
Ora sta  risalendo la ruta 40, da Ushuaia, come noi.  
"Dove sei diretto?", gli  chiediamo.
Beve un sorso di vino, ci guarda con i suoi occhi chiari e il sorriso mesto:
"Domani forse al Parco del Perito Moreno o forse no, poi non so."

Dino

1 commento:

  1. Grazie per averci reso partecipi alla vostra bellissima avventura
    Raffaele

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