martedì 7 febbraio 2017

Chiloe'

Chiloe' te la devi guadagnare.

L'idea era arrivare a Chaiten, prendere un traghetto che in tre ore ti porta a Quellon nel sud dell'isola e percorrerla in direzione nord riprendendo il traghetto a Chacao che in 30 minuti ti riconsegna al continente, avendo magari dormito una o più notti nell'isola. Niente da fare, il traghetto per Quellon c'è solo il martedì e la domenica, noi siamo arrivati di mercoledì, non possiamo perdere 4 giorni. Il problema è che da Chaiten, dove siamo noi, la Carretera Austral prosegue verso nord fino a Puerto Montt ma è interrotta da tre passaggi in altrettanti traghetti, con le conseguenti attese che non ci consentirebbero di arrivare in giornata. È in partenza invece una nave che porta direttamente a Puerto Montt da dove siamo ora: impiega 9 ore ma ci sbarca a sessanta chilometri dal traghetto per Chiloe'. Decidiamo in fretta, convinciamo le impiegate che tre moto possono salire anche se quelle continuano a scuotere la testa, paghiamo un biglietto che farebbe impallidire i Sardinia Ferries e imbarchiamo. Il viaggio è eterno ma alle 21 siamo a Puerto Montt e all 'indomani mattina pronti via si va a Parga a prendere il traghetto.
Mettiamo finalmente le ruote sull'agognato suolo di Chiloe' e ci avviamo verso sud, con meta ultima Castro. Dopo pochi km ci accorgiamo che l'atmosfera è cambiata: non siamo più in Cile con le sue montagne severe, i fiordi inaccessibili, i ghiacciai eterni, la gente che non ti saluta e non ti sorride mai. Qui l'aria è tiepida, l'atmosfera bucolica, la strada corre per chilometri circondata da una campagna dolce e accogliente, fattorie, animali al pascolo, prati, boschi. Sembra che il tempo si sia fermato, in quest'isola verde e piovosa grande quasi quanto la Corsica, dove la vita scorre lenta e tranquilla godendo dei frutti del mare e della terra. 
Ci fermiamo ad Ancud, la vecchia capitale, edificata sul fondo di un lungo fiordo; da qui nel 1843, partì l'omonima goletta, costruita dai mastri chiloti con legno locale, che in quattro mesi di navigazione arrivò nello stretto di Magellano. Qui gli eroici marinai che avevano sfidato i perigliosi flutti baciarono il suolo e piantarono il vessillo della neonata nazione cilena, prendendo possesso a suo nome di quelle terre con un solo giorno d'anticipo sulla corvetta francese Phaeton, che approdo' negli stessi luoghi con il medesimo fine ma con 24 ore di ritardo. 
Una volta a Castro ci incantiamo davanti al presepe multicolore costituito dalle vecchie case dei pescatori costruite su palafitte: sono piccole abitazioni piene di porte e finestre con i tetti spioventi e con le facciate dai colori accesi che contrastano una con l'altra e che si stagliano decise sul cielo grigio che qui è piuttosto frequente.
Rimaniamo folgorati davanti alla chiesa di S Francesco, nella piazza principale della città: è bella vista da fuori, di un violento colore giallo ocra che la fa risaltare su tuti gli edifici circostanti, ma quello che sorprende è l'interno. 
È tutto di legno, un legno chiaro, dorato, tenero e caldo, e il disegno architettonico è semplice e complesso al tempo stesso. Legno ovunque, legno lucido e splendente, dal pavimento al soffitto, l'altare, il pulpito, i confessionali, gli stalli del coro: d'un tratto sembra di non essere in una chiesa ma nel ventre della Essex, la baleniera affondata 1200 miglia marine al largo di queste coste, sotto gli attacchi della "maledetta bestia" che ispiro' Herman Melville. La chiesa di San Francesco e' un'opera di grandissimo fascino, nella quale c'è l'anima semplice di tutti gli artigiani che hanno contribuito a costruirla, l'amore e la fede che hanno messo in quel lavoro, la gioia e l'orgoglio di partecipare alla realizzazione di qualcosa di unico.
Le 16 chiese più belle dell'isola sono state proclamata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO: decidiamo ci continuare il nostro giro verso est cercando di visitarne quante più è possibile nel poco tempo che abbiamo. Dopo aver visto quella di Castro, le altre appaiono più modeste: sempre di colori brillanti all'esterno, mantengono la semplicità del legno all'interno che spesso si presenta quasi spoglio ma pieno di dignità, di calore, di gioia. 
Le chiese hanno per lo più una pianta rettangolare con il tetto a due spioventi: la facciata è spesso abbellita da un portico con archi e dalla torre campanaria. 
Il legno proviene dai boschi dell'isola e ha una tonalità chiara, morbida e calda: la tecnica di costruzione è quella degli incastri, mentre per unire la parti più voluminose venivano adoperati i cavicchi o le scandole, riservando l'uso dei chiodi ai soli pavimenti e al rivestimento esterno.
Riusciamo a vederne sei o sette, tutte tenere semplici e dolci, ma le nostre preferite rimangono la giallo ocra di Castro, la azzurro pastello di Cronchi, la blu cielo di Tenaun.
Ci fermiamo a Quemchi, allegro paesino sul mare dove è nato Francisco Coloane, cantore di queste terre.
Ma nel frattempo la pioggia ci spinge a Tenaun.

Dino


















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