Da qualche tempo Asuncion andava al lavoro più volentieri. Si svegliava alle cinque del
mattino usciva dalla baracca nella quale viveva con i genitori e i fratelli e copriva in mezz'ora di cammino spedito la distanza che la divideva dall'hostel. A sedici anni Asuncion lavorava già da tre, facendo i bucati e rigovernando le camere degli ospiti di quello che pomposamente definivano albergo in quel piccolo paesino dal quale passava però tanta gente da quando avevano asfaltato la ruta 40.
Andava al lavoro più volentieri perché aveva un segreto che non poteva mostrare a nessuno, uno smartphone nuovo di zecca. Le era stato regalato da Gabriel e da allora non vedeva l'ora di andare al lavoro per collegarsi con il Wi-Fi dell'albergo e leggere i messaggi e i vocali che lui le inviava.
Si erano conosciuti il mese prima, era arrivato alla guida di una macchina rossa, di quelle scoperte, e quando era entrato nella hall del piccolo albergo per lei si era accesa la luce . Era bellissimo, alto, elegante, con i lunghi capelli neri che gli cadevano morbidi sulle spalle, gli occhi verdi e i denti bianchissimi su quella carnagione un po' olivastra.
Le aveva lanciato una lunga occhiata e lei si era sentita avvampare.
Si erano visti l'indomani, era entrato mentre lei rigovernava la sua camera, aveva chiuso la porta, si era avvicinato, le aveva preso il volto tra le mani e l'aveva baciata dolcemente sulle labbra. Lei aveva risposto al bacio e si era abbandonata tra le sue braccia.
Era dovuto ripartire subito, aveva importanti affari che lo aspettavano, ma le aveva lasciato uno smartphone nuovo di zecca e le aveva spiegato come collegarsi al Wi-Fi dell'albergo per ricevere i messaggi in Whatsapp.
Da allora le aveva scritto tutti i giorni anche più volte al giorno, parole dolci e infuocate che la facevano sognare e trascorrere notti insonni.
Era tornato una mattina con la sua macchina rossa e le aveva detto che doveva raggiungerlo a Buenos Aires, le aveva lasciato i soldi, un indirizzo e le istruzioni per gli autobus da prendere: la sua vita sarebbe cambiata, sarebbero stati sempre insieme .
Asuncion si era organizzata e una mattina invece di andare al lavoro aveva preso la corriera con una borsa con le sue poche cose. Aveva viaggiato giorno e notte dormendo sugli autobus di linea e nelle stazioni. Arrivata a Buenos Aires aveva chiamato Gabriel che le aveva risposto di essere molto occupato ma di stare tranquilla, avrebbe mandato un suo amico a prenderla. Arrivò un signore gentile che si presentò come l'amico di Gabriel, la fece salire sull'auto e la accompagnò in una casa in periferia.
Gabriel non si vedeva, in compenso arrivarono altri due signori che la chiusero in una stanza e la violentarono a turno per un giorno e una notte.
All'indomani una signora senza sorriso e dagli occhi tristi le fece fare un bagno, le diede qualcosa da mangiare, le fece indossare biancheria pulita, una sottoveste e una vestaglia e la fece entrare in una stanza con un letto e un lavabo. Era pronta per ricevere il suo primo cliente.
Le avevano rubato tutti i sogni e le avevano anche tolto lo smartphone.
mattino usciva dalla baracca nella quale viveva con i genitori e i fratelli e copriva in mezz'ora di cammino spedito la distanza che la divideva dall'hostel. A sedici anni Asuncion lavorava già da tre, facendo i bucati e rigovernando le camere degli ospiti di quello che pomposamente definivano albergo in quel piccolo paesino dal quale passava però tanta gente da quando avevano asfaltato la ruta 40.
Andava al lavoro più volentieri perché aveva un segreto che non poteva mostrare a nessuno, uno smartphone nuovo di zecca. Le era stato regalato da Gabriel e da allora non vedeva l'ora di andare al lavoro per collegarsi con il Wi-Fi dell'albergo e leggere i messaggi e i vocali che lui le inviava.
Si erano conosciuti il mese prima, era arrivato alla guida di una macchina rossa, di quelle scoperte, e quando era entrato nella hall del piccolo albergo per lei si era accesa la luce . Era bellissimo, alto, elegante, con i lunghi capelli neri che gli cadevano morbidi sulle spalle, gli occhi verdi e i denti bianchissimi su quella carnagione un po' olivastra.
Le aveva lanciato una lunga occhiata e lei si era sentita avvampare.
Si erano visti l'indomani, era entrato mentre lei rigovernava la sua camera, aveva chiuso la porta, si era avvicinato, le aveva preso il volto tra le mani e l'aveva baciata dolcemente sulle labbra. Lei aveva risposto al bacio e si era abbandonata tra le sue braccia.
Era dovuto ripartire subito, aveva importanti affari che lo aspettavano, ma le aveva lasciato uno smartphone nuovo di zecca e le aveva spiegato come collegarsi al Wi-Fi dell'albergo per ricevere i messaggi in Whatsapp.
Da allora le aveva scritto tutti i giorni anche più volte al giorno, parole dolci e infuocate che la facevano sognare e trascorrere notti insonni.
Era tornato una mattina con la sua macchina rossa e le aveva detto che doveva raggiungerlo a Buenos Aires, le aveva lasciato i soldi, un indirizzo e le istruzioni per gli autobus da prendere: la sua vita sarebbe cambiata, sarebbero stati sempre insieme .
Asuncion si era organizzata e una mattina invece di andare al lavoro aveva preso la corriera con una borsa con le sue poche cose. Aveva viaggiato giorno e notte dormendo sugli autobus di linea e nelle stazioni. Arrivata a Buenos Aires aveva chiamato Gabriel che le aveva risposto di essere molto occupato ma di stare tranquilla, avrebbe mandato un suo amico a prenderla. Arrivò un signore gentile che si presentò come l'amico di Gabriel, la fece salire sull'auto e la accompagnò in una casa in periferia.
Gabriel non si vedeva, in compenso arrivarono altri due signori che la chiusero in una stanza e la violentarono a turno per un giorno e una notte.
All'indomani una signora senza sorriso e dagli occhi tristi le fece fare un bagno, le diede qualcosa da mangiare, le fece indossare biancheria pulita, una sottoveste e una vestaglia e la fece entrare in una stanza con un letto e un lavabo. Era pronta per ricevere il suo primo cliente.
Le avevano rubato tutti i sogni e le avevano anche tolto lo smartphone.
Dino
Che tristezza! E vi ha raccontato tutto lei stessa o vi è stato raccontato da altri?
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