Sul lungo volo di ritorno da Buenos Aires a Parigi e poI a Roma ripenso alla nostra avventura: sembra già lontanissima, gli alti livelli di adrenalina si sono abbassati, comincio a vedere tutto da lontano, come già fatto, come già successo. Il viaggio ha rappresentato la realizzazione di un sogno, quello di partire in sella alla moto e di andare e andare incontro a spazi immensi su strade infinite e si è rivelata un'esperienza completamente immersa nel presente, con sensazioni tanto forti da bruciarsi nell'attimo in cui venivano vissute.
Certo ci sono dentro cose già lette, viste e sentite, archetipi dei nostri anni giovanili, il viaggio inteso come rottura con il consueto, come interruzione del quotidiano, come ribaltamento degli schemi, come ribellione al si deve nella ricerca del cosa si vuole, dal mito di Ulisse agli eroi minimi di Sulla strada, da Omero a Kerouac scomodando tra i due un sacco di altra gente. L'anno di preparazione, l'acquisto e la messa a punto delle moto e la loro spedizione in Argentina hanno rappresentato un cammino complesso che è stato parte integrante del progetto. Anche l'aver lasciato le moto a Ushuaia è diventato un impegno con noi stessi a riprendere la strada, a tornare verso nord, ad affrontare gli altopiani cileni, la Bolivia...
Sogni, sogni di uomini adulti, anzi alle soglie della vecchiaia, che non si arrendono al trascorrere del tempo e al declinare delle energie e decidono di lanciarsi in quella dimensione un po' mitica un po' onirica trasmessa dalla cultura degli anni sessanta che bene o male ha imbevuto tutta una generazione di eterni Peter Pan.
Qualcuno lo ha definito avventuroso, eroico e muscolare, qualcun altro iniziatico o ancora un mettersi alla prova; di fatto è stato il nostro viaggio e quello di tanti amici che ci sono stati vicini grazie al blog che è stato un fantastico mezzo di condivisione e partecipazione con tante persone che ci hanno sostenuti, incoraggiati, sinceramente e sanamente invidiati. E' stato tante cose questo viaggio: la Patagonia, con i suoi spazi immensi e le sue strade senza fine, i panorami mozzafiato, le montagne, i laghi, i ghiacciai; la Terra del Fuoco, il Finis Terrae e Ushuaia, la città all'estremo limite del mondo, con quel nome dolce come un sussurro, moderno sostituto delle colonne d'Ercole, la meta assoluta; le moto, con le quali siamo entrati in simbiosi totale, che ci hanno fatto sentire e vivere la strada, il vento che ci piegava a 60 gradi, il caldo, il freddo, la pioggia, lo sterrato, il fango, ma che ci hanno messo le ali e ci hanno fatto assaporare il sapore della libertà; le persone che abbiamo incontrato per strada e sulla strada (c'è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l'unica salvezza, cantava Gaber un po' di anni fa), con le loro storie, i loro vissuti, tutti alla ricerca di qualcosa e tutti legati dal contatto con il vento e l'asfalto, esperienze umane bellissime; noi tre, the three famous bikers, come ci avevano soprannominato alla dogana di Buenos Aires, con caratteri così diversi ma accomunati dal medesimo sogno.
È stato tante cose questo viaggio ma soprattutto è stato il susseguirsi di momenti di scoraggiamento con altri di rinnovata fiducia in noi stessi, di timore reverenziale nei confronti di una natura dura e difficile, di profonda stanchezza, di esaltazione davanti alle prove superate, di meraviglia di fronte agli immensi spettacoli offerti da questa terra.
È stato il nostro viaggio.
Certo ci sono dentro cose già lette, viste e sentite, archetipi dei nostri anni giovanili, il viaggio inteso come rottura con il consueto, come interruzione del quotidiano, come ribaltamento degli schemi, come ribellione al si deve nella ricerca del cosa si vuole, dal mito di Ulisse agli eroi minimi di Sulla strada, da Omero a Kerouac scomodando tra i due un sacco di altra gente. L'anno di preparazione, l'acquisto e la messa a punto delle moto e la loro spedizione in Argentina hanno rappresentato un cammino complesso che è stato parte integrante del progetto. Anche l'aver lasciato le moto a Ushuaia è diventato un impegno con noi stessi a riprendere la strada, a tornare verso nord, ad affrontare gli altopiani cileni, la Bolivia...
Sogni, sogni di uomini adulti, anzi alle soglie della vecchiaia, che non si arrendono al trascorrere del tempo e al declinare delle energie e decidono di lanciarsi in quella dimensione un po' mitica un po' onirica trasmessa dalla cultura degli anni sessanta che bene o male ha imbevuto tutta una generazione di eterni Peter Pan.
Qualcuno lo ha definito avventuroso, eroico e muscolare, qualcun altro iniziatico o ancora un mettersi alla prova; di fatto è stato il nostro viaggio e quello di tanti amici che ci sono stati vicini grazie al blog che è stato un fantastico mezzo di condivisione e partecipazione con tante persone che ci hanno sostenuti, incoraggiati, sinceramente e sanamente invidiati. E' stato tante cose questo viaggio: la Patagonia, con i suoi spazi immensi e le sue strade senza fine, i panorami mozzafiato, le montagne, i laghi, i ghiacciai; la Terra del Fuoco, il Finis Terrae e Ushuaia, la città all'estremo limite del mondo, con quel nome dolce come un sussurro, moderno sostituto delle colonne d'Ercole, la meta assoluta; le moto, con le quali siamo entrati in simbiosi totale, che ci hanno fatto sentire e vivere la strada, il vento che ci piegava a 60 gradi, il caldo, il freddo, la pioggia, lo sterrato, il fango, ma che ci hanno messo le ali e ci hanno fatto assaporare il sapore della libertà; le persone che abbiamo incontrato per strada e sulla strada (c'è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l'unica salvezza, cantava Gaber un po' di anni fa), con le loro storie, i loro vissuti, tutti alla ricerca di qualcosa e tutti legati dal contatto con il vento e l'asfalto, esperienze umane bellissime; noi tre, the three famous bikers, come ci avevano soprannominato alla dogana di Buenos Aires, con caratteri così diversi ma accomunati dal medesimo sogno.
È stato tante cose questo viaggio ma soprattutto è stato il susseguirsi di momenti di scoraggiamento con altri di rinnovata fiducia in noi stessi, di timore reverenziale nei confronti di una natura dura e difficile, di profonda stanchezza, di esaltazione davanti alle prove superate, di meraviglia di fronte agli immensi spettacoli offerti da questa terra.
È stato il nostro viaggio.
Dino
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