Veleggia davanti a me nel traffico romano, alto, magro, un quarantenne in maglietta aderente con la barba rasa e il casco jet sul suo maxiscooter che cambia continuamente corsia, accelera e frena bruscamente, non si cura di chi gli sta attorno e continua per la sua strada, fatta di scarti e cambi di direzione improvvisi e imprevedibili.
Io sono in sella a Ingrid, la mia BMW 1150 R, che guido tenendone a freno i molti cavalli e continuando a ripetermi di essere prudente, di andare piano, di non essere spericolato; la tentazione di dare a quel bulletto una lezione di come si guida una vera moto è forte, ma resisto:
-Lascialo andare, mi dico, - lascialo perdere, quello è pericoloso.
Lo ritrovo a un semaforo, lui è sulla mia destra, non ci guardiamo, come si usa, apparteniamo a mondi troppo diversi; scatta il verde, partiamo insieme e lui, improvvisamente e inaspettatamente, gira a sinistra tagliandomi bruscamente la strada; freno d’istinto, lo sterzo si avvita, la moto si inclina, non la tengo, cado, batto violentemente la spalla sinistra.
Il nostro eroe sullo scooter nemmeno se ne accorge e se ne va, perso nei suoi deliri tra cellulare attaccato a un orecchio e occhiali viola sullo sguardo perso nel vuoto.
Mi rialzo tra i moccoli, alcuni automobilisti mi aiutano a raddrizzare la moto che per fortuna non ha subito danni, la spalla mi fa male ma risalgo in sella e vado verso l’ospedale dove lavoro e dove ero già diretto.
La radiografa è impietosa: clavicola sinistra fratturata:
Addio sogni di gloria: la partenza per la Bolivia è imminente, vedo sfumare davanti ai miei occhi il viaggio che stiamo preparando da un anno.
Mi faccio portare in un Pronto Soccorso (il mio istituto non ne è dotato), consulto un ortopedico che mi spiega che la frattura è pluriframmentata ma che comunque non necessita intervento ma solo un tutore che mi aiuti a tenere le spalle allargate in modo da mantenere i monconi dell’osso fratturato in asse e permetterne la saldatura spontanea. Il tutore è una tortura, una specie di cilicio che mi sega le spalle, ma pazienza.
La prognosi del viaggio rimane oscura, ovviamente tutti mi sconsigliano di partire e di sottoporre le mie spalle allo stress del ripio, soltanto Luisa, che fino a ieri non si è dimostrata entusiasta della mia partenza per soli uomini, tira fuori tutto il suo cuore e la sua generosità e mi incita a non mollare e a combattere il mio stato d’animo tendente al fatalismo depressivo, proprio delle mie origini partenopee.
Ovviamente impegni di lavoro annullati, con quel che segue.
Chiamo i miei due partners e comunico loro la brutta notizia: Claudio non si scoraggia e ridisegna il viaggio, spostando la loro partenza di una settimana e la mia di due, si potrebbe comunque attraversare la Bolivia e andare in Perù riducendo il viaggio reale a tre settimane perché a Giugno tutti hanno già altri impegni.
Detto fatto, si cambiano i biglietti pagando le penali e mi si lascia aperto uno spiraglio per partire esattamente 30 giorni dopo l’incidente. Il tempo minimo per la guarigione della frattura. E’ un azzardo, ma mantiene vivo il sogno.
Trascorro la prima settimana immerso nella Guerra delle due Rose tra i Lancaster e gli York occupati a contendersi il trono d’Inghilterra e la tragedia nella tragedia rappresentata nel Riccardo III di Shakespeare, sospetto infanticida; infine mi decido e vado a a farmi visitare in una struttura privata dove opera il mago della spalla a Roma, appena tornato da un viaggio all’estero.
Tac in tempo reale e responso impietoso: intervento chirurgico domani.
Sono disperato e confuso: finora nessuno mi ha parlato di intervento, inoltre sono già trascorsi 10 giorni e il callo ha già iniziato a formarsi, operarsi significherebbe tornare al giorno zero perdendo tutto il vantaggio acquisito; senza contare che con una piastra sulla clavicola, di partenza nemmeno a parlarne.
Consulto le linee guida internazionali sul trattamento della frattura di clavicola, parlo con un amico ortopedico che ha lavorato per trent'anni al Rizzoli di Bologna e il responso rimane unanime: la frattura di clavicola non si opera a meno che non sia esposta, cioè con i monconi ossei fuori della pelle.
Trascorro un pomeriggio in confusione totale, spedendo le immagini TAC a destra e a manca e alla fine decido: non mi opererò e partirò comunque.
Prenderò l'aereo il 6 maggio, da solo, mi riunirò a Salta, in Argentina, a Claudio e Franco che saranno arrivati dall'Italia una settimana prima, avranno tirato fuori le moto dal deposito della dogana, le avranno fatte revisionare dal meccanico e saranno pronti per partire. Arriverà anche Mauricio da Ushuaia, con la mitica camionetta e con il fratello, per stare con noi una settimana.
Salirò in sella alla mia Dominator azzurra e… chi vivrà vedrà.
Dino