Abbiamo vissuto Buenos Aires con troppo stress per averla apprezzata in pieno.
Il caldo, l'ansia del ritiro delle motociclette, gli scontri ripetuti con la Dogana, con Aereolineas, con gli importatori, le telefonate in intercontinentale con l'Italia, per trovare una soluzione, i giorni che passavano senza poter far nulla, le benevole prese in giro in aeroporto dove eravamo diventati un caso, The three famous bikers che non riuscivano a sdoganare le motociclette!
Abbiamo trascorso gran parte del nostro tempo in aeroporto e negli uffici doganali: c'è stato soltanto un giorno, oltretutto di grande sconforto perché ci era stato detto che non sarebbe accaduto nulla, nel quale ci siamo rassegnati a fare i turisti a tempo pieno e ce ne siamo andati a spasso per la città.
Lo ammetto, eravamo prevenuti.
Il viaggio, quello disegnato nella nostra fantasia, prevedeva lunghe galoppate in motocicletta immersi in spazi immensi; ritrovarsi ancora una volta costretti tra strade e muri, noi che trascorriamo in città gran parte delle nostre vite da prigionieri, ci aveva un po' sconfortati.
Abbiamo fatto il nostro dovere di viaggiatori, è stato quasi un obbligo, ma non era ciò che avrebbe soddisfatto i nostri desideri: e tutto ciò che ci è rimasto negli occhi ha dovuto trovare un proprio angusto spazio in quei pensieri che andavano altrove, alla strada, alla pampa, alla moto…
Abbiamo camminato passando da un quartiere all'altro cercando di navigare tra gli argentini che per lo più non conoscono la fretta ma trascinano i piedi guardando le vetrine chiacchierando tra loro, vestiti in maniera improbabile e con colori che fanno a pugni.
Buenos Aires non ci ha stupito: è una metropoli con grandi viali, il centro storico stretto attorno a Plaza de Mayo, il cuore della città e della vita politica. C'era una manifestazione con bandiere, cartelli e comizi: abbiamo provato a parlare con qualcuno dei partecipanti, giovani, anziani, famiglie, donne con i bambini nel passeggino. Protestavano per la mancanza di lavoro, per il precariato, per le condizioni di vita, la povertà, la casa. Erano in tanti a manifestare il loro dissenso con il regime che stava cambiando intorno al monumento che ricorda la data della vittoria sulle truppe inglesi e la rivoluzione del 1810.
Il primo europeo a sbarcare in Argentina fu Amerigo Vespucci nel 1502, seguito pochi anni dopo da Sebastiano Caboto.
Nel 1580 la Spagna fondò una colonia nell'attuale sito di Buenos Aires che dipendeva dal Vicereame del Perù.
Nel contesto delle guerre napoleoniche dei primi anni del 1800, l'entrata in guerra della Spagna a fianco della Francia aveva offerto l'occasione alla Gran Bretagna di attaccare e conquistare il vastissimo impero coloniale spagnolo in America Latina, occasione che si concretizzò dopo la battaglia di Trafalgar del 21 ottobre 1805, in cui la flotta spagnola era stata annientata e la Royal Navy aveva acquisito l'assoluto predominio sugli oceani.
Con questo obbiettivo le forze militari inglesi s'impegnarono in una serie di tentativi di prendere il controllo delle colonie spagnole in America del Sud, le cosiddette invasioni del Rio della Plata.
Nel gennaio 1806, l'ammiraglio Popham con a bordo le truppe del generale Beresford si diresse verso la foce del Rio della Plata, facendo sbarcare i soldati britannici a sud di Buenos Aires; il viceré spagnolo Rafael De Sobremonte, disponendo di modesti reparti regolari e riluttante ad armare le milizie locali, non oppose resistenza e consentì alle truppe inglesi di occupare la città il 27 giugno.
La notizia della conquista britannica di Buenos Aires ebbe larga eco in Europa, ma la situazione sarebbe stata destinata a mutare rapidamente. Santiago de Liniers, un emigrato di origine francese, raggruppò soldati regolari e miliziani locali a Montevideo e attaccò il contingente britannico a Buenos Aires, costringendolo alla capitolazione il 12 agosto 1806.
Un anno dopo, il 5 luglio 1807 un nuovo contingente di truppe britanniche di oltre 10.000 soldati al comando del generale Whitelocke, raggiunse Buenos Aires ed entrò in città, ma ancora le truppe miste di Santiago de Liniers diedero battaglia nelle strade. Dopo violenti combattimenti nel centro abitato, il 6 luglio lo Stato Maggiore inglese decise di sospendere le ostilità e firmò ancora una volta l'ordine di evacuazione.
Nel frattempo gli echi e le idee della Rivoluzione Francese e della Guerra di Indipendenza Americana si erano diffuse in America Latina, amplificando la nuova coscienza popolare derivante dalla resistenza alle invasioni britanniche e diventando la causa scatenante della prossima Rivoluzione di Maggio. I creoli nati nelle colonie si erano affermati nei ruoli militari e il successo della resistenza aumentò il loro desiderio di auto-determinazione. Forte della deposizione del Re di Spagna e della sua abdicazione in favore di Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, un'assemblea popolare depose il viceré Rafael de Sobremonte e designò al suo posto Santiago de Liniers, organizzatore della resistenza, con un atto senza precedenti.
La Rivoluzione di Maggio (25 maggio 1810) diretta principalmente da Manuel Belgrano costituì a Buenos Aires il primo governo formato nella sua maggioranza da criolli delle Provincie Unite del Rio della Plata.
Le campagne militari condotte dai generali Josè de San Martin e Simon Bolivar in terra argentina incrementarono le aspirazioni all'indipendenza dalla Spagna, che fu dichiarata finalmente a Tucumán il 9 luglio del 1816.
Plaza de Mayo è delimitata al fondo dalla Casa Rosada, sede della Presidenza della Repubblica.
Il palazzo rosa ospita gli uffici della presidenza e il Museo de la casa de Gobierno, che espone oggetti legati ai presidenti che si sono succeduti nel corso della storia repubblicana. La sistemazione definitiva dell'edificio, costruito su strutture preesistenti risale al XIX secolo, e il palazzo venne inaugurato ufficialmente nel 1898
Dalla sua nascita la piazza ha sempre ospitato grandi manifestazioni e avvenimenti cruciali per il Paese, come la dimostrazione del 17 ottobre del 1945 per liberare Juan Domingo Peron o gli scontri del 2001 in piena crisi economica.
Le Madri di Plaza de Mayo con i loro commuoventi fazzoletti bianchi annodati sulla testa, da più di trent'anni ogni giovedì pomeriggio percorrono la piazza in senso circolare per rivendicare la scomparsa dei loro figli, i desaparecidos. I figli delle madri di Plaza de Mayo furono arrestati e detenuti illegalmente dagli agenti del regime del Generale Videla durante quella che fu definita la guerra sporca, e poi probabilmente assassinati e fatti sparire nella più assoluta segretezza. Si calcola siano stati almeno 30.000.
I bambini figli dei poveri sono tanti e li incontri per strada, di giorno e di notte, hanno facce smunte e grandi occhi senza aspettative: spingono carretti pesanti con le braccia magre, o camminano su e giù per i vagoni del metrò appoggiando sulle gambe dei passeggeri piccoli oggetti in vendita.
Sono poveri figli di poveri, attori protagonisti del dramma dell'infanzia negata.
Bambino armato e disarmato
in una foto senza felicità
sfogliato e impaginato
in questa vita sola che non ti guarirà.
Crescerò e sarò un po' più uomo
ancora un'altra guerra mi cullerà…
Ma dimmi
qual è la piazza a Buenos Aires
dove tradirono tuo padre
il tuo passato assassinato, ormai
desaparecido.
Ragazzini corrono sui muri neri di città,
sanno tutto dell'amore
che si prende e non si dà,
sanno vendere il silenzio, il male, la loro poca libertà,
vendono polvere bianca ai nostri anni e alla pietà.
Bambini, Paola Turci 1989
Le classi sociali sembrano estremizzate: i ricchi fanno di tutto per apparire come tali, con i simboli dell'abbondanza esposti sfacciatamente, dalle maxiautomobili ai Rolex, mentre i poveri e i mendicanti sembra abbiano perso anche l'anima, tanto da sembrare mucchi di stracci senza sguardo.
Come le giovani prostitute, ragazze rubate mentre aspettavano il collectivo, violentate, drogate e spesso uccise: ne scompaiono a centinaia, ogni anno in tutta l'Argentina.
La Recoleta è un quartiere dal sapore retrò e dalle linee degli edifici di stile europeo con parchi, piazze e aree a traffico limitato che lo rendono molto vivibile, con i tanti caffè, ristoranti e gallerie d'arte; molto famoso il cimitero con il monumento funebre a Evita, sede di un incessante pellegrinaggio. Il quartiere si anima dopo le dieci di sera, con i suoi mille locali: far musica qui non è mai un problema a qualsiasi ora della notte. Si respira un'atmosfera bohemien con concerti improvvisati, spettacoli di tango "on the road" e la Feria, il grande mercato del fine settimana che si svolge in Plaza Francia.
La sperequazione tra ricchi e poveri è sotto gli occhi di tutti, come le altre domande rimaste senza risposta in questo immenso Paese, che potrebbe essere ricco e felice se solo ritrovasse la coscienza di sé. Invece una tristezza di fondo pervade gli animi e la malinconia avvolge tutti come un tango, nella consapevolezza e nella rassegnazione all'incapacità ad affrontare gli enormi problemi che i vari governi e le ricorrenti dittature hanno sempre manifestato.
La malinconia dell'irrisolto fa parte in qualche maniera dell'anima di questo popolo, orgoglioso di essere sudamericano ma che si esalta e si commuove quando sente parlare in italiano, alla ricerca continua delle proprie radici nel vecchio continente in una struggente nostalgia del passato, resa ancor più viva dall'incapacità a intravvedere una qualche ipotesi di futuro.
Il vecchio San Telmo costellato di ateliers e di botteghe di colori, con una bella piazza con un grande albero secolare; Puerto Madero, una volta pericoloso e malfamato, oggi una passerella di locali e ristoranti creati nei docks e affacciati finalmente sull'acqua, il luogo ideale per una passeggiata appena fuori dal centro: il parco biologico, sul Rio de la Plata, un grande polmone verde che offre la visione dello skyline di Buenos Aires. E poi Palermo, Belgrano… le milongas, l'anima di questa città, dove si respira la miscela di nostalgia e gioia di vivere, quintessenza del tango.
La nostalgia d'Europa permea tutte le maggiori espressioni della vita sociale: persino nel calcio, che qui conta più della religione, le squadre giocano e vincono seguendo modelli e schemi prettamente europei, basati sulla corsa, sul ritmo e sulla compattezza su cui si vanno a installare la tecnica raffinata dei grandissimi campioni che da sempre l'Argentina esprime, in antitesi ai rivali di sempre, i brasiliani, che questa mentalità non hanno mai digerito, pagandola a caro prezzo.
La Boca, il quartiere popolare del porto dove vivevano gli immigrati italiani e spagnoli, ora esibisce le sue case di lamiera colorata, con le mostre di quadri e i ballerini che si esibiscono sui marciapiedi.
Tutti sconsigliano di addentrarsi nel groviglio di vicoli di Caminito dove un secolo fa nacque un tango con questo nome.
Caminito, la strada degli artisti, dai vivaci colori dei suoi muri e la Piazza dei Sospiri, quelli delle donne che vedevano salpare le navi con i loro uomini.
Persino nel rugby, sport europeo per eccellenza, gli Argentini hanno confermato questa tendenza riuscendo a esprimere una nazionale che è entrata nel ranking delle prime quattro del mondo e che annualmente si confronta con i maestri neozelandesi, australiani e sudafricani. Si sono anche concessi il lusso di mostrare alla vecchia Europa un gioco moderno, pratico ma arioso e veloce, fatto di organizzazione ma anche di fantasia e interscambiabilità dei ruoli che, dopo gli All Blacks, ha incantato Londra negli ultimi mondiali
E' stata definita in tanti modi, Buenos Aires: una città che vorrebbe rinverdire i fasti di un passato recente, una donna matura che mostra i segni del tempo, un'anziana signora elegante con il cappotto sciupato.
A noi è sembrata una città alla ricerca di se stessa, un grande immenso irrisolto, una metropoli sul mare dove il mare non si vede e soprattutto non si sente, non si avverte nell'aria, nei profumi, nelle atmosfere. Una città dalla vocazione antica, con i suoi caffè con le sedie di legno e i negozi di antiquariato, costretta a fare i conti con la modernità, la globalizzazione e i suoi contrasti stridenti: i souvenirs, i gadget, l'elettronica e i telefonini, le boutique grandi firme e i negozi di abbigliamento dal gusto pacchiano, i palazzi liberty e le favelas, le signore strafighe tacco dodici e minigonne vertiginose e i sin hogar, i senzatetto laceri e sporchi che frugano nell'immondizia.
Scusaci, dolce Senòra, non siamo stati capaci di appezzarti in pieno, abbiamo cercato di prenderti come un bacio dato in fretta dentro a un portone, mentre tu, come una gran dama, vai assaporata piano, sorseggiata come un vino antico, respirata come una notte d'estate, vissuta come una figura di tango.
Dino